Al Tribunale di Patti scaturito da un’inchiesta del 2016, su presunte truffe ai danni dell’Agea per l’ottenimento di contributi comunitari, si è concluso martedi il processo di primo grado.
Il collegio giudicante, presidente Ugo Scavuzzo, a latere Eleonora Vona e Giovanna Ceccon, ha disposto la condanna a 7 anni e 4 mesi di reclusione per l’ex sindaco di Capo d’Orlando Enzo Sindoni, ritenuto responsabile dell’ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla percezione indebita di contributi destinati alla produzione agrumaria.
I giudici hanno disposto altre 6 condanne. 6 anni e 4 mesi per T.L. e S.C.B.; 5 anni e 4 mesi la pena a carico di M.G.; 3 anni e 6 mesi per G.S., che ricoprivano ruoli amministrativi nei consorzi a vario titolo. 3 anni e 8 mesi per G.A. e infine 2 anni e 8 mesi per V.F.
Le condanne si riferiscono, in particolare, alle ipotesi di truffa nella predisposizione delle domande per l’ottenimento degli aiuti comunitari, riferiti al periodo tra il 2013 e il 2017.
Non luogo a procedere, invece, per intervenuta prescrizione, per 17 capi d’imputazione
antecedenti il 2013. Disposta confisca per alcuni degli imputati della somma di 286.609€. Una sanzione di 100.000 euro è stata invece comminata al Consorzio Agridea. Le motivazioni saranno depositate nell’arco di 90 giorni.
Non tarda ad arrivare la replica da parte dell’Avvocato Carmelo Occhiuto, che difende Enzo Sindoni e gli altri imputati. “Dopo anni di indagini con mille contraddizioni e numerosi interventi da parte di altre Curie (Corte dei Conti, tribunale civile, tribunale fallimentare e varie Commissioni tributarie) il collegio penale di Patti ha dato ragione alla tesi della Guardia di Finanza, fatta propria dall’accusa, anzi ha elevato le pene chieste dal PM. La difesa insiste sulla correttezza del comportamento di tutti gli imputati, in particolare del Dr. Sindoni, ed aspetta di leggere le motivazioni della sentenza per capire se hanno mentito tutti i testi qualificati esaminati a discolpa e se le migliaia di fatture prodotte siano false o non scrutinate. Sono deluso per usare un eufemismo. Il tribunale di Patti è cambiato, non è più quell’organo giudiziario dove la difesa si confrontava con lealtà con l’accusa ed il giudice era terzo al di sopra delle parti con motivazioni che venivano condivise ed apprezzate. Oggi non è più così, purtroppo. Faremo appello e se necessario ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.”