Una galleria d’arte contemporanea a cielo aperto? In provincia di Messina è possibile anche trovare questo.
Un luogo mistico dove storia, tradizione, mistero e bellezza si incontrano. Dove la razionalità cede il passo al flusso trascendente del sublime; della percezione più pura, delle sensazioni a discapito della logica formale.
Ci troviamo nei pressi della Fiumara di Tusa. Il letto di un antico fiume che un tempo scorreva tra i monti Nebrodi per ventuno chilometri fino all’antica Halesa; un fiume pieno solo d’inverno immerso in un paesaggio oscillante tra pietrosa desolazione e vigorosa vegetazione, al cui orizzonte scorci di mare in lontananza ci rendono testimoni di una straordinaria bellezza.
L’idea di seguire il del fiume e creare un museo a cielo aperto è di Antonio Presti che dal 1982 si impegna in un progetto divenuto un percorso d’arte e bellezza. Suo l’Albergo “l’Atelier sul mare” a Castel di Tusa, testimone di un rivoluzionario concetto di fruizione dell’arte. Le stanze dell’albergo vengono, di volta in volta, consegnate ad artisti che le trasformano in opere d’arte. Ma l’opera non permane statica: si cerca, al contrario, la continua interazione tra opera, che diviene parte del quotidiano, e ospite che viene spinto alla riflessione ed all’interiorizzazione.
Vicino all’Atelier fa capolino la monumentale opera di Tano Festa, inno al colore e all’infanzia. L’Azzurro prorompente dell’opera testimonia la propensione verso l’infinito: una finestra, o meglio, cornice, che ci spinge a guardare oltre.. Ma quell’oltre è precluso dalla nostra stessa finitezza e così, rappresentati dal monolite nero, rimaniamo relegati alla sfera del finito tendenti ma lontani da quell’oltre che non ci appartiene.
Dell’Artista Pietro Consagra è, invece, una grande scultura in cemento armato a due elementi addossati di colore bianco e nero, in un delicato equilibrio di pieni e vuoti.
Lungo la strada che conduce a Castel di Lucio si incontra la scultura dell’artista Paolo Schiavocampo. Una curva che si avvolge su se stessa imitando il movimento di una vela battuta dal vento. L’opera, posta volutamente in uno spazio di campagna che traccia una curva a gomito e divide la via antica dalla nuova, ne diventa punto focale che unisce il passato e proietta tutto (luoghi, tradizioni, caos e quiete) al futuro.
Lungo il tragitto troviamo l’opera “Arianna” dell’artista Italo Lanfredini. L’opera è collegata al passato, alla cultura classica, al mito del labirinto e del filo di Arianna. Il labirinto è metafora di ricerca di se stesso attraverso la ri-nascita. Chi entra nel labirinto si interroga sulla propria esistenza in una dimensione atemporale. Chi esce dal labirinto subisce questa rinascita, attraversando delle aperture (è come se il soggetto nasca nuovamente dal grembo della madre che l’ha concepito) che culminano verso l’alto alla ricerca del sublime.
Nel pressi di Mistretta fa capolino un muro in ceramica che annovera come creatori i nomi di quaranta artisti.
Nel letto del fiume Romei, scavata nella parete del monte che lo delimita c’è “ La stanza di barca d’oro” opera di straordinaria bellezza dell’artista giapponese Hidetoschi Nagasawa. La stanza circondata da lamiere metalliche, ospita il perimetro rovesciato di una barca rivestita di foglie d’oro, il cui albero di marmo rosso la salda al pavimento. L’opera trova la sua essenza nel non essere vista.
Nell’intento dell’autore è infatti mantenere sepolta la sua opera e far sì che venga solo immaginata in maniera tale da sganciare la sua esistenza dalla sua effettiva materialità, ma di fa risaltare come essa abbia comunque la possibilità di vivere e di essere ricreata, di volta in volta, dalla mente di chi la immagina.
L’onda mediterranea è l’opera del l’artista Antonio Di Palma. Si tratta di un’onda azzurra che nella sua essenzialità sembra un movimento vibrante per uno schizzo di luce cosmica.
A queste andrebbe sicuramente aggiunta la Piramide 38 parallelo, pensata da Antonio Presti e creata da Mauro Staccioli. L’opera a tre punte diviene metafora della Trinacria, della Sicilia, culla di Arte, Religione e Filosofia.
L’ imponente Piramide deve il nome, “38° Parallelo”, alla sua collocazione su un’altura nel territorio di Motta d’Affermo (Messina) che guarda il mare e le isole Eolie e sullo sfondo gli scavi archeologici dell’antica città di Halaesa. Quello stesso parallelo sul quale, nell’altro emisfero, passa il confine tra Corea del Nord e Corea del Sud, quasi a voler riequilibrare la tensione conflittuale di un luogo con la sacralità dell’Arte.
Nel giorno del Solstizio d’Estate, giorno di rinascita, viene ad essere celebrato il rito della luce: la piramide viene aperta al pubblico solo in questa circostanza ed il rito rappresenta il trionfo della luce (solstizio d’estate) sulle tenebre. Chiunque partecipi a tale rito indossa rigorosamente abiti bianchi ed ha la possibilità di immergersi in una dimensione perduta nello spazio e nel tempo.
Sebbene sia un atroce ingiustizia liquidare in poco più di una pagina opere che per il loro carico trascendentale meriterebbero molto di più, partiamo dalla consapevolezza che nessuna parola scritta è in grado di farsi testimone del sublime quanto i nostri stessi sensi..