La pubblicazione poetica è coreografata dalle foto di Eliana Caputo e si fregia della Prefazione dello scrittore e ricercatore storico Michele Manfredi Gigliotti, delle note della scrittrice e poetessa Nina Giardineri e della post-fazione della scrittrice e poetessa Rosalia Ricciardi.
CASTELL’UMBERTO – “Il pontile”, questo il titolo della raccolta di poesie fresca di stampa del collega Enzo Caputo. Il libro, pubblicato da Amazon Direct Publishing, è coreografato dagli scatti fotografici di Eliana Caputo e si fregia della Prefazione dello scrittore e ricercatore storico Michele Manfredi Gigliotti, delle note della scrittrice e poetessa Nina Giardineri e della post-fazione della scrittrice e poetessa Rosalia Ricciardi.
Una cinquantina di poesie, alcune in vernacolo, che spaziano a 360 gradi sui labirinti dell’animo e le “umane cose”. “Enzo – scrive Gigliotti – si sottrae a qualsiasi appartenenza e classificazione di Scuola, di movimenti poetici e “camarillas” similari. L’autore non ha inteso sedersi sui banchi istituzionali largitori di lezioni già confezionate. E’ stato ed è lui il maestro di se stesso. Dalla silloge – continua – viene fuori un quadro complessivo, policromo e variegato a mo’, per intenderci, degli affreschi della Cappella Sistina, che dà perfettamente l’idea della complessità intrinseca di ogni tema, quando lo si voglia svolgere con amore e competenza… Quasimodo ha atteso la sera, Enzo attende l’alba”.
“Non esiste -scrive Giardineri – una sua poesia che non sgorghi dalle “spine del cuore”. Come il filosofo cerca la strada dell’anima, alla stessa maniera il poeta esprime la sofferenza di un bimbo, di una madre, di un popolo che a Gaza muore”. “Laggiù, nel Ghetto martoriato, al mondo vocine gridano mute”.

Ho scelto come titolo “il Pontile – dice l’autore – perché metaforicamente rende il movimento interiore, materiale e mentale di ogni uomo. Dal Pontile si parte e si arriva. E’ un punto di snodo povero, sofferto, precario che però non massifica.
“Enzo – scrive Ricciardi – è un poeta che diventa guerriero, armato solamente di se stesso e dei propri versi, un uomo che vuole tendere all’infinito perché sa che esso può lenire e, talvolta, spegnere le storture di questo mondo.”
Chiudiamo con un passaggio in vernacolo tratto dalla poesia “Torna palumma cu ‘sta maravigghia”: “Comu lu ferru nta’ lu luci e la tinagghia/ si torci comu fussi un filu i pagghia”.