(ANSA) – Commissioni diverse, ma voto uguale. Ha ottenuto la stessa valutazione la studentessa del Liceo linguistico e scientifico “Galileo Galilei” che con il suo ricorso ha fatto ripetere l’esame orale di maturità a tutta la sua classe. Le decisioni delle due diverse commissioni d’esame sono sovrapponibili: la studentessa ha superato la maturità con lo stesso voto ottenuto la prima volta.
Ma l’esito non è cambiato: il voto è stato lo stesso della precedente commissione. “L’esame orale – ricostruisce il legale della famiglia della studentessa, l’avvocato Maria Chiara Sgrò – era stato illegittimamente concordato con il commissario interno: avrebbero saputo con giorni di anticipo gli argomenti di inizio esame ed è, invece, avvenuto che solo alla mia assistita è stato richiesto dalla commissione un argomento di inizio esame difforme rispetto a quanto concordato con lo stesso commissario interno”. Secondo il legale “l’inaspettata sorpresa ha provocato il disorientamento della giovane, che ha generato una prolungata crisi emotiva, compromettendo lo svolgimento della prova orale, con conseguente valutazione gravemente insufficiente e inevitabile incidenza sul voto finale che le era stato attribuito”. L’avvocato Sgrò smentisce anche la ragazza “avesse un curriculum mediocre, come da qualche contro interessato falsamente affermato ai tg, avendo una media di presentazione pari a 7,46/10, oltre 33 crediti maturati nel corso del triennio” e “aveva già ottenuto buoni voti negli scritti dell’esame di italiano e di inglese”. E i ritardi nella ripetizione degli esami, aggiunge, sono dovuti “al ricorso al Tar presentato dagli altri studenti”. Antonio, portavoce degli altri compagni, afferma che la classe “ha sostenuto l’esame con onestà, sincerità e tranquillità”. “Ringraziamo la commissione per averci messo a nostro agio – ha aggiunto alla presenza dei legali dei ragazzi, gli avvocati Caterina Galletta e Andrea Fiore –, il “Galilei” non è solo la scuola del ricorso. Noi viviamo a testa alta e per questo bisogna fare chiarezza dicendo la verità, ovvero che tutti noi siamo stati trattati nello stesso modo”.