L’Ucraina reclama il diritto di restare in piedi”. Per l’antica bandiera gialla e azzurra si sono spalancate le porte della storia, cosi come alle Termopili si spalancarono per gli spartani. “Il cielo blu sopra i campi di grano”, adottato ufficialmente nel 1918, ha origini che si perdono nel Medioevo, durante lotta contro l’invasione mongola, e proseguono nei secoli avvenire, ravvisandosi nello stemma dell’eroe nazionale Bogdan Chmel’nickj, che nel XVII secolo pose fine al dominio polacco e lituano.
Sono colori che ricordano agli “storiologi” dei social come l’identità di quella nazione sia sempre esistita, scolpita “col ferro e col fuoco”, per poi essere ammainata solo sotto il dominio sovietico, il quale ha sempre cercato di cancellarne l’identità senza conseguire alcun risultato. E già, il mondo di certo non si aspettava che Davide potesse tenere in scacco Golia (almeno per ora).
Ed invece gli Ucraini si sono comportati come nel ’43, facendo quadrato e non mollando di fronte a nulla, fosse anche una colonna motocorazzata di sessanta chilometri. La colonna russa avanza molto lentamente e la maggior parte dei media si chiedono perché gli Ucraini non l’attacchino. Per altri, invece,sarebbe stata già attaccata. Cerchiamo di fare il punto mettendo assieme frammenti di notizie con il benefico del dubbio.
La colonna sarebbe stata attaccata dopo che gli Ucraini avrebbero fatto saltare, vicino Ivankiv, l’unico ponte sul fiume Teteriv mentre veniva attraversato da unità corazzate (il più vicino collegamento tra le due sponde si trova a venticinque chilometri). Imboscata laterale o attacco alla coda della colonna? Forse entrambe le cose. Se così fosse, gli attaccanti avrebbero replicato in grande Michael Wittmann, il più abile comandante di carri armati dellaSeconda Guerra Mondiale, che nel 13 giugno 1944 – in appena un’ora e da solo – distrusse 21 carri armati ed altri 28 veicoli blindati della 7th Armoured Division britannica che si trovavano presso il villaggio di Villers-Bocage. Ci riuscì sparando al carro di testa della colonna e poi a quello di coda per poi colpire ed immobilizzare i mezzi uno ad uno. Ma chi poteva condurre un’operazione terrestre che aveva tutte le caratteristiche per essere azzardata? E’ ragionevole pensare che a colpire siano stati elementi del Battaglione Azov, di stanza a Mariupol, per alleggerire la pressione su Kiev.
Insomma, gli Ucraini parrebbero un osso troppo duro anche per l’orso “Zarista”. Bastava interrogare la Storia per capirlo (di quei fatti una breve disamina in appendice). L’accanita resistenza sul terreno e l’isolamento internazionale spingono Putin a fare presto rendendo l’aggressione sempre più sporca, qualora fosse possibile. Parecchi video in rete mostrano sabotatori in borghese arrestati dagli Ucraini mentre stavano segnando con la vernice alcuni immobili successivamente colpiti dagli aerei o dall’artiglieria. Frattanto Mariupol, benché pesantemente attaccata, resiste con tenacia e c’è da credere che resisterà a lungo, vista la presenza, in difesa, del Battaglione Azov, per il quale arrendersi significa la morte.
Intanto il conflitto, voluto per semplice politica espansionistica, rischia di ammantarsi di ideologia lasciando spazio, specie sui social, a spaccature ideologiche che a volte finiscono con il giustificare Putin, altre volte, addirittura, con l’idealizzarlo. Le condanne, difatti, si affiancano spesso alle dichiarazioni ‘’Fuori la NATO dall’Italia, fuori l’Italia dalla NATO’’ oppure “Nè con Putin nè con la NATO”. Non si comprende che l’ideologia talvolta acceca, laddove, in questo momento, gli occhi dovrebbero essere spalancati. Si tratta di libertà di pensiero o di pericolose derive ideologiche che potrebbero minare dall’interno l’unità dei Paesi europei, tanto faticosamente raggiunta e rafforzata per l’occasione? Presto per dirlo. Di sicuro questo non aiuta nella difficile scelta di inviare armi ad un Paese che resiste con le unghie e con i denti, così come non aiuta, fosse anche per nobili scopi, evidenziare le probabili vie di invio di armi.
Quello che invece si delinea con sempre maggiore chiarezza è che l’Europa dovrà dotarsi giocoforza di una struttura militare di deterrenza moderna degna di tale nome. Nel frattempo, una miriade di “Storici della domenica”, smessa la professione di virologi e superata la fase del “Volemose bene” (vallo a dire ai bambini macellati dalle bombe), si lanciano in improbabili voli pindarici non solo per negare la millenaria identità nazionale di una regione, ma anche per sminuire i meriti di una resistenza sul campo, sostenendo che tanto Putin, se solo lo avesse voluto, si sarebbe già presa tutta l’Ucraina. Sarebbe quasi come dire li stia risparmiando. E torna purtroppo il copione del ’45 .
A darne l’annuncio il Ministro degli Esteri Ucraino, Dmytro Kuleba: “Soldati russi hanno stuprato donne nelle città ucraine occupate”. Succede in tutte le guerre, ma non è comunque una giustificazione. Per finire una considerazione. L’offensiva potrebbe essere, come nelle Ardenne del ‘44 il canto del cigno del gigante russo: “Putin non ha più risorse per la guerra, al massimo in tre settimane dovrà fermarsi” e ancora “il Cremlino si troverà di fronte a una crisi economica peggiore di quella del 1991”. A dirlo l’economista Vladimir Mirov, stretto collaboratore di Navalny, e fin dal primo istante a favore delle sanzioni da parte dell’Occidente come lo strumento più efficace per colpire il Cremlino. Come dire “In Ucraina si muore per vivere” Nazionalismo Ucraino nella Seconda Guerra Mondiale.
La pesante occupazione tedesca durante la guerra costrinsero la Direzione del OUN (organo di direzione dei nazionalisti ucraini) a difendere la popolazione con tramite l’uso delle armi. Il primo distaccamento composto da cento uomini – detto centuria (sotnya) dell’UPA – venne creato il 22 gennaio di 1943. Già il 7 febbraio questa centuria ha si batté e sconfisse il Commissariato tedesco nella regione di Vladimirets Rivne. Nella primavera del 1943 l’UPA aumentò costantemente il numero e la portata degli atti di resistenza.
Scontri feroci con i tedeschi ebbero luogo in Luchchyna, Kovelschyna, Horohivschyna, Rivne, Kremenechchyna, Kostopilschyna, Sarnenschyna e Lanovechchyna. Nel mese di marzo 1943, i ribelli ucraini occuparono per cinque volte i centri regionali, controllando così gran parte del territorio. Alla fine del primo mese della primavera di quell’anno, i funzionari tedeschi riferirono al commissario del Reich Erich Koch che nella ragione di Volyn erano rimaste solo due aree libere dalle “bande” dell’UPA.
L’Amministrazione di occupazione cominciò così a condurre ampie operazioni antipartigiane con la partecipazione di mezzi corazzati ed aerei. Alla fine di aprile, nelle zone di Berezne, Lyudvypil, Mizoch, Ostroh, Kremenets e Shumsk vennero trasferite divisioni regolari dell’esercito per combattere l’UPA. Le azioni punitive dei nazisti non erano però abbastanza efficaci.
Se a marzo le unità di UPA riuscirono ad attaccare e sabotare solo 8 volte gli stabilimenti economici tedeschi in Ucraina, nel mese di aprile gli attacchi furono 57 mentre a maggio 70. Il 5 Giugno 1943 durante un incontro a Rivne con la partecipazione del Ministro nazista dei territori orientali occupati Alfred Rosenberg, il dirigente di occupazione responsabile per la Volynia Heinrich Shene riferì alla propria amministrazione che “i nazionalisti ucraini causano maggiori difficoltà rispetto alle bande bolsceviche.” Questo fatto è stato riconosciuto anche dalla leadership dei partigiani sovietici. Il comandante dei partigiani sovietici Petro Vershyhora il 4 marzo 1944 dichiarò di fronte alla sede del movimento partigiano ucraino: “Non possiamo ripetere anche in Polonia l’errore che abbiamo fatto in Volyn, quando abbiamo lasciato la gestione di una rivolta popolare contro i tedeschi nelle mani di gruppi controrivoluzionari di nazionalisti.”
A certificare che già allora esistevano le etnie la creazione di una divisione ucraina con le insegne tedesche di circa 60 mila uomini. Il battaglione Azov è un reggimento della Guardia nazionale ucraina basato nella città di Mariupol, che sorge proprio lungo le rive del Mare d’Azov. Nato come milizia volontaria, nel maggio del 2014, il corpo combattente è stato in seguito inquadrato nei ranghi delle forze armate di Kiev.
Il battaglione ha acquisito una dubbia notorietà a causa della militanza, al suo interno, di molti uomini, anche provenienti da Paesi stranieri, dall’ideologia politica di destra radicale. Il gruppo è stato anche associato a accuse di tortura e di abusi dei diritti umani e continua di essere tra i più tenaci e feroci oppositori delle milizie separatiste filorusse che hanno occupato una parte degli oblast (una parola presente sia in ucraino che in russo che significa grossomodo regione/provincia) di Donetsk e Lugansk. Perdite russe – fontew By Stijn Mitzer in collaboration with Joost Oliemans Kemal, Dan and Jakub Janovsky Le stime vanno prese con la dovuta cautela: Russia – 618, of which: destroyed: 243, damaged: 9, abandoned: 138, captured: 227 Russia – 618, di cui: distrutte: 243, danneggiate: 9, abbandonate: 138, catturate: 227
Enzo Caputo