La guerra di Putin. L’analisi del collega e studioso Enzo Caputo- Piccoli Chamberlain crescevano
….L’Ucraina, da Kiev, Chernhiv, Kharkiv, Okhtyrka, Sumy, Mariupol Zaporozhye… stanno dimostrando al mondo come si tiene la schiena dritta e quanto costa farlo.
….D’altra parte, per rendersi conto quanto fossero stati inattuabili, almeno nel primo periodo, i piani di Putin, bastava dare un’occhiata ad un’analoga battaglia, quella di Char’kov combattuta nello stesso periodo, (19 febbraio 23 marzo) nel 1943 quando i tedeschi, seppure pesantemente provati dalla sconfitta di Stalingrado riuscirono, abilmente diretti dal Feldemaresciallo Von Mastein ad infliggere una pesantissima sconfitta ai russi.
….Illuminante potrebbe essere il libro di Ettore Cinnella:“ Ucraina. Il genocidio dimenticato 1932-1933” che racconta di come tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933 sei milioni di contadini nell’URSS furono condannati a morire di fame: quasi i due terzi delle vittime erano ucraini. Quella carestia di proporzioni inaudite non fu dovuta ai capricci della natura, ma venne orchestrata da Stalin per punire i ribelli delle campagne che, in tutta l’URSS, si opponevano alla collettivizzazione imposta dall’alto.
L’Ucraina, da Kiev, Chernhiv, Kharkiv, Okhtyrka, Sumy, Mariupol Zaporozhye… stanno dimostrando al mondo come si tiene la schiena dritta e quanto costa farlo. La Guerra lampo, ipotizzata da più parti, non c’è stata ne poteva esserci per la prevedibile resistenza ucraina, per la natura del territorio e, soprattutto per la palese insufficienza delle forze utilizzate dai russi che, seppure cospicue, mai avrebbero potuto chiudere a tenaglia una Nazione due volte più grande dell’Italia popolata per 78,1% da ucraini che mai accetterebbero di finire sotto il dominio russo senza combattere. D’altra parte, per rendersi conto quanto fossero stati inattuabili, almeno nel primo periodo, i piani di Putin, bastava dare un’occhiata ad un’analoga battaglia, quella di Char’kov combattuta nello stesso periodo, (19 febbraio 23 marzo) nel 1943 quando i tedeschi, seppure pesantemente provati dalla sconfitta di Stalingrado riuscirono, abilmente diretti dal Feldemaresciallo Von Mastein ad infliggere una pesantissima sconfitta ai russi, riprendendo Char’kov e con essa bloccando, seppur momentaneamente l’offensiva invernale russa e l’accesso all’Ucraina.
Kiev, Chernhiv, Kharkiv, Okhtyrka, Sumy, Mariupol, Zaporozhye. Tanti nomi per almeno quattro settori operativi: quello della capitale dove i russi sono fermi e probabilmente si stanno riorganizzando di fronte all’inaspettata resistenza dei militari e della gente comune, quello di Kharkiv, raggiunta ieri ma non occupata per la strenua resistenza ucraina che continua ad infliggere perdite pesanti e che costringerà i russi a ricorrere massicciamente all’aviazione e all’artiglieri pesante senza nessuna garanzia che la “macelleria” che ne seguirà sarà proficua anche perché le macerie renderebbero più difendibili (Montecassino insegna) le città che saranno contese casa per casa all’invasore. I russi inoltre sarebbero stati fermati lungo l’autostrada P67 lo scorso 26 febbraio dai difensori decisi a vendere cara la pelle. Anche nel Dombas gli attaccanti segnerebbero il passo dopo avere circondato Mariupol impegnando le divisioni ucraine nella speranza di chiuderle in una morsa all’arrivo delle forze provenienti da nord e da sud mentre, nel settore della Crimea, dopo ripetuti e decisi contrattacchi appoggiati dai T-64 e T- 80 gli Ucraini hanno ripreso Kherson.
Intanto molti mezzi russi sarebbero stati abbandonati sia per la resistenza incontrata che per mancanza di carburante perché se è vero che un carro armato è un avversario temibili è altrettanto vero che senza carburante si ferma. I difensori lo sanno bene tanto da avere iniziato, con spezzo della loro stessa vita, il tiro al piccione con le cisterne di rifornimento che spesso il “Generale inverno” rende facile bersaglio. Intanto le divisioni tra gli Stati Europei sui quali contava Putin, non ci sono state; anzi si è verificato l’esatto contrario e i “piccoli Chamberlain” che si erano illusi di poter salvare capra e cavoli sono diventati improvvisamente adulti quando le bombe sono cominciate a cadere rendendo chiaro pure agli increduli che anche nel 2022 la guerra può albergare nel cuore dell’Europa cambiando politiche e strategie che si credevano consolidate e evidenziando il fallimento della politica, giusta ma poco sostenibile, del “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” – “ “È chiaro che dobbiamo investire molto di più nella sicurezza del nostro Paese”, ha scandito dinanzi al Bundestag, il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz, saltando d’un colpo il “Rubicone del 45”.
Questo mentre alle sanzioni alla Russia si aggiungono, via via, la fornitura di armi a munizioni all’Ucraina malgrado sui social trovano spazio i “Non ce lo dicono e i gomblottisti” che, neanche il tempo di completare la “specializzazione” in virologia, “sono chiamati” a conseguire quella geopolitica e strategica. Molti inoltre sembrano avere abboccato all’esca ideologica, abilmente buttata da Putin, della “Denazificazione” dell’Ucraina che, non trova certo giustificazione con la presenza del “battaglione Azov” – milizia di estrema destra anti-Russia, accusata di crimini di guerra da parte di organizzazioni internazionali, ma considerata un corpo speciale di patrioti nel Paese e il cui fondatore Andry Bilecky ha detto: “Ci riprenderemo Donbass e Crimea dalla Russia.
Lotteremo fino alla fine, ma non siamo nazisti”. Sarebbe come dire defascistizziamo l’Italia solo perché esiste Casapaund. Intanto la vecchia Europa, soggiogata o meno che sia dallo “Zio Sam”, ha fatto quadrato di fronte alla minaccia, non tanto astratta, di una terza guerra mondiale ad eccezione di pochi che ben si inquadrano nelle parole di Angelo Panebianco: “Se Putin non riuscirà a conquistare in pochi giorni l’Ucraina imponendovi la sua legge, se una parte degli ucraini continuerà a combattere, vedremo presto gli amici di Putin sventolare bandiere pacifiste, vedremo lupi travestiti da agnelli i quali inviteranno i contendenti a “deporre le armi”, che ripeteranno “pace, pace”, facendo finta di non capire che se si invoca il cessate il fuoco nel bel mezzo di una invasione si sta in realtà invitando il popolo invaso alla capitolazione, gli si sta chiedendo di accettare l’occupazione del proprio Paese”.
Mentre ragazzi di vent’anni esplodono assieme al ponte fatto saltare per impedire il passaggio di loro coetanei che forse non sanno o non condividono il motivo per il quale sparano mentre sembra saperlo benissimo l’equipaggio del Baltic Leader, nave russa, che trasportava auto a San Pietroburgo, bloccata dalle autorità francesi sulla Manica che ha scelto di collaborare. Se la posizione francese è chiara un po’ meno sembra esserlo quella Turca che, stretta tra l’adesione alla Nato, la cooperazione militare con l’Ucraina e l’amicizia con la Russia di Putin, si è trovata a gestire quello specchio di mare, Nero di nome e scomodo (almeno per ora) di fatto. Come se l’orizzonte non fosse già abbastanza scuro a renderlo nero del tutto ci ha pensato Putin, che ha allertato la difesa nucleare mentre il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, da sempre al suo fianco, ha invitato Mosca a schierare armi in Bielorussia se gli Stati Uniti o la Francia le schiereranno in Polonia o in Lituania.
E già perché la storia, con i suoi corsi e ricorsi, torna sempre riportandoci, nello specifico, al ’45 quando poco ci è mancato che gli alleati, come caldeggiava il generale Patton prima di morire in un misterioso incidente, stavano per rivolgere le armi contro Stalin in quel che poi sfociò nella Guerra fredda. Ma perché agitare lo spettro delle armi nucleari? Una risposta accettabile viene da Belino: – “La minaccia nucleare evocata dal presidente russo Vladimir Putin- dice il Governo tedesco- è legata al fatto che l’offensiva russa in Ucraina “è stata fermata”. Di fatto, al momento è cosi e intanto l’esodo di chi fugge dalle bombe è sempre più massiccio così come la determinazione di resistere ad ogni costo provando, qualora ce ne fosse stato bisogno, che la libertà e il patriottismo in questa terra di frontiera è diventata, com’è giusto, irrinunciabile.
Lo certificano le parole di questa donna ucraina che chiede a un soldato russo: “Chi sei?” – “Stiamo facendo esercitazioni qui, per favore vada via” risponde lui. La donna ancora più alterata e dopo aver chiesto se fosse russo ha urlato: “allora che ca**p ci fai qui? Voi siete occupanti… “Prendi questi semi e mettili nelle tue tasche così almeno i girasoli cresceranno quando ti sdraierai qui per sempre. Perché tanto odio verso i russi e chi li rappresenta? Illuminante potrebbe essere il libro di Ettore Cinnella:“ Ucraina.
Il genocidio dimenticato 1932-1933” che racconta di come tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933 sei milioni di contadini nell’URSS furono condannati a morire di fame: quasi i due terzi delle vittime erano ucraini. Quella carestia di proporzioni inaudite non fu dovuta ai capricci della natura, ma venne orchestrata da Stalin per punire i ribelli delle campagne che, in tutta l’URSS, si opponevano alla collettivizzazione imposta dall’alto.
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