Renato, per gli amici, ci ha lasciato nel giro di un trimestre, caduto sotto i colpi di un male oscuro ma, per chi lo conosceva a fondo, sicuramente mai sconfitto. Ora è tra i suoi idoli, lassù dove il confine tra l’irreale sfuma nel reale per poi perdersi e ancora sfumare… dove una linea, visibile solo alle anime, stilizza i cuori e dipinge gli ideali.
E già perché Renato, dietro quella sottile, marcata, irruenta, incaponata ironia, che a non comprenderla poteva far male, era, forse senza saperlo, un idealista “vero” che non faceva sconti a nessuno, neanche a se stesso al punto da pagare in prima persona, il fio del modo di essere di chi non le mandava certo a dire. Ricasoli, Lanza, Minghetti… il suo modo di collocarsi a “destra” affondava nel tempo e risaliva la storia per approdare, via via, all’orgoglio nazionale che fu degli irredentisti.
Mi piace ricordarti così Renato nel contesto storico e politico che più ti calzava, fatto di “fede”, coraggio… vessilli. Si come quelle bandiere che ti hanno coreografato nell’aula consiliare di Castell’Umberto, dove il verde della kentia sembrava abbracciare il bianco e il rosso nazionale e le dodici stelle dipinte nel blu. Proprio li dove un ottuso dettato si illuse di potere annichilire il pensiero.
L’intemperanza e tu lo sperimentavi ogni volta a tue spese, è cattiva consigliera per poi magari alimentare il linguaggio sterile e frettoloso di chi non ha tempo o non vuole guardare oltre il “confine” dell’approfondimento. Il tuo percorso, nella realtà umbertina, comunque lo si guardi, non è certo passato inosservato. E’sofferto ma dovuto scrivere di te. Onore amico mio. Che la terra ti sia lieve. Il tuo Jolly Roger sventolerà ancora.
Enzo Caputo