Aeroporto, sanità, viabilità, prevenzioni incendi, disoccupazione giovanile, programmazione turistica, emorragia demografica e rilancio delle aree interne. Questi i temi da trattare nell’incontro umbertino dei sindaci dei Nebrodi. Insomma un momento operativo ad altissimo impatto sul territorio, concertato per dare risposte omogenee all’area nebroidea.
Questa volta sembrava proprio la volta buona se non fosse che… nella fretta di andare a vedere i ragazzi africani alloggiati all’hotel “Il canguro”, non avessi fatto confusione mentale tra i miei desideri e la realtà. Già perché la realtà è molto più prosaica, i sindaci hanno discusso di un problema diverso, forse più grande delle loro capacità decisionali ma che, comunque, in fatto di risonanza mediatica ha già bucato lo schermo. I titoli, anzi i titoloni dei media nazionali scorrono; l’argomento tira, i giornalisti fanno il loro mestiere e il paese incassa, giusto sopra la linea di galleggiamento, siluro dopo siluro. Siamo un paese razzista, non lo siamo? Ormai non fa più differenza.
L’argomento è aperto e gli istinti primordiali, quelli, per dirla con Hobbes, “homo homini lupus” si sono già scatenati. Commenti che non fanno onore al paese ne ha chi li fa ma che comunque aggiustano sempre più il tiro per affondare l’ultimo residua di umanità e far capire, finalmente, la causa di tutti i mali della zona; dalla mancanza di un aeroporto, alla sanità da migliorare, passando da incendi, disoccupazione, turismo, morte lenta dei centri abitati. Ecco il problema sarebbe tutto scritto “nero su bianco” sui balconi del Canguro e le povere cose che contengono. Già il canguro ma, con un pizzico di veggenza bisognerebbe chiamarlo il camaleonte.
Il motivo è presto detto: Oggi non sarebbe agibile per potere ospitare i migranti, domani per denigrarli qualcuno, magari Salvini, lo chiamerà albergo a cinque stelle. Il copione è sempre lo stesso e via con la geopolitica da tastiera. C’era un presidio. Per i giornali c’è ancora; orde di cittadini indignati starebbero presidiando fino all’ultimo uomo la zona perchè la causa dei loro mali è da ricercare tra quelle stanze. Purtroppo, ma ancor più per fortuna, così non è.
Ha ragione la Prefettura quando dice che la protesta è rientrata. Il paese è sano e a passare per razzista non ci sta proprio e, passato il momento iniziale(che forse non doveva neanche esserci, così chiarisco anche la mia posizione) ha riscoperto i sani valori dell’accoglienza, dell’ospitalità e della comprensione ribellandosi ad ogni forma di etichetta e, soprattutto avendo coscienza che i problemi non derivano dalla venuta di “niurazzi” ne da loro numero e, soprattutto, dicendo no ai tanti veleni da codice penale, sui quali la polizia postale farebbe bene ad indagare (perché quando si scrive su un social “andate a prendere due fucili e incominciate a sparare a vista a loro e a chi li accoglie e poi buttateli in una bella fossa prima che puzzino”, qualche problema c’è; anche perché questi ragazzi, sbarcati ieri e che non hanno commesso alcun reato, tra un po’ usciranno per le vie del paese, com’è giusto che sia e, un clima intriso di odio, non è salutare per nessuno. C’è chi semplicemente sta con i piedi per terra e il cuore in mano ha già affisso un cartello alle inferriate dell’hotel: ”La solidarietà non ha scuse”- semplice ed efficace. Questa è Castell’Umberto. Sono troppi, portiamoli da un’altra parte?
A Castell’Umberto o a Sinagra cosa cambia? Mica pagano i cittadini del paese ospitante. Se marcio c’è nella gestione, vigiliamo, teniamoli d’occhio, cerchiamo di capire. In caso contrario facciamoli lavorare. Siamo forse disturbati dal colore della loro pelle, se così è diciamolo chiaro, anche in modo colorito se è il caso: ”ca è ‘on ti piaciu u culuri?” Forse questo, più che un articolo, è un editoriale ma ciò che importa è il senso. Il paese è provato dalla crisi come tutta la zona ma è sempre in grado di avere uno scatto d’orgoglio, è capace di spendersi, di raccogliere, di donare un sorriso che non costa nulla.
E poi, diciamocela tutta, i migranti non vogliono restare sui Nebrodi, sono solo di passaggio ed anche qui due domande sul perché sono d’obbligo. E le due risposte? Corro a prendere l’agenda dei desideri: Aeroporto, sanità, viabilità, prevenzioni incendi, disoccupazione giovanile, programmazione turistica, emorragia demografica e rilancio delle aree interne… può bastare? E intanto il prefetto Francesca Ferrandino ha convocato i 45 sindaci dell’area.
L’incontro è in programma il 20 luglio, alle 12,00. Per finire l’immancabile riferimento storico. Nel 1917, “…quando il nemico ruppe a Caporetto… profughi ovunque dai lontani monti veniron a gremir tutti i tuoi ponti”. Allora, oltre al Piave mormorò anche la fiumara di Sinagra. Successe che un centinaio di sfollati trentini vennero portati a Sinagra.
“Mammitta di pulintuni chi erunu longhi e comu parraunu , non si capeva nenti, morti i fami e pedi pedi, ni nzignaru a manciari i buffi”.(Azz quei polentoni quanto erano alti non si capiva il loro parlare, sempre in giro a cercare rane nel fiume per margiarle) Il paese era povero, gli uomini erano al fronte a far da carne da cannone… “A Milan quanti imboscà…”
Eppure nessuno pensò che fossero la causa di tutti i mali ne quanto fosse costato il loro biglietto ferroviario… Nessuno sapeva che in una settimana la marina italiana aveva evacuato oltre 100.000 serbi in procinto di essere massacrati e li aveva portati in Italia ammassandoli come poteva e dove poteva. Molti rimasero anche dopo la guerra. Allora niente telefonate bastavano i reali carabinieri e l’insediamento era fatto. Se ne conserva il ricordo in qualche canzonetta: “Tuppi tuppi è u marasciallu. Arrivavu a litturina, arrivavu china china…” (a bussato il maresciallo è arrivata la littorina piena piena di profughi).
Enzo Caputo