Un pugno di mozziconi di sigaretta disseminati sul terriccio, a bordo strada, durante l’interminabile attesa prima dell’agguato.
E quattordici indagati. Un cerchio ampio di sospettati iniziali per tentare d’individuare i “fumatori” di quelle sigarette ritrovate nei boschi, ovvero gli autori dell’assalto armato all’auto blindata del presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, in quella maledetta notte del 17 maggio di un anno fa, lungo la Provinciale che collega San Fratello a Cesarò.
Quattordici indagati per tentato omicidio aggravato dall’appartenenza all’organizzazione mafiosa, che dovranno consegnare un campione per la prova del dna.
Anche in questi giorni d’estate l’inchiesta sull’agguato gestita dai sostituti della Dda di Messina Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, e che vede come braccio operativo gli investigatori della Mobile di Messina, registra nuovi sviluppi sulle comparazioni genetiche.
Non tutti coloro che sono stati “avvisati” nelle scorse settimane, per sottoporsi al test del dna, lo hanno fatto spontaneamente, alcuni come è loro diritto si sono rifiutati. E quindi i magistrati della Dda hanno inoltrato una richiesta formale all’Ufficio gip, per poter esaminare tutti i sospettati.
Ecco quindi chi sono gli indagati di una delle più importanti inchieste degli ultimi anni, che deve sciogliere il fronte mafioso dei pascoli e delle terre rubate da Cosa nostra, un calderone maleodorante scoperchiato grazie alle denunce del presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci.
Sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Dda di Messina, con l’accusa di tentato omicidio aggravato dall’appartenenza all’associazione mafiosa: Sebastiano Foti Belligambi, Giuseppe Conti Taguali, Salvatore Armeli Iapichino inteso “Zecchinetta”, Sebastiano Musarra Pizzo, Nicola Antonio Karra, Sebastiano Destro Pastizzaro, Carmelo Fabio, Giuseppe Calà Campana, Antonino Foti detto “Biscotto”, Andrea Cerro, Giuseppe Foti Belligambi, Litterio Cerro, Daniele Destro Pastizzaro, Carmelo Giacucco Triscari.
Tra questi nomi, la cui provenienza non abbraccia soltanto l’area tirrenico-nebroidea-tortoriciana ma si spinge anche alle zone del versante enne e catanese, in molti hanno una storia criminale ben definita dalle nostre parti, essendo considerati dalla distrettuale antimafia epsonenti di spicco delle varie ramificazioni di Cosa nostra nel Messinese. Quando il “cerchio del dna” sarà chiuso, sapremo se qualcuno di loro, mentre aspettava per sparare, ha fumato le sigarette ritrovate nei boschi dei Nebrodi.
Nuccio Anselmo