MESSINA. Comunque vada Accorinti ha vinto. Era questa la frase che riecheggiava nei corridoi del Palazzo per tutta la durata della discussione precedente al voto. E così è stato. Il consiglio ha portato in aula una mozione di sfiducia che ha paralizzato il dibattito pubblico per settimane. Il risultato è stato un nulla di fatto che non potrà essere ignorato nel bilancio politico di questa legislatura. Un’aula composta da 17 consiglieri sotto processo per Gettonopoli. Trasformata politicamente dall’inizio della legislatura nel 2013 da ben 15 cambi di casacca. Perfino mutata per la dimissione dopo l’arresto di un ex capogruppo e dalle dimissioni spontanee di due consiglieri. È questa la fotografia del civico consesso che oggi ha rafforzato il consenso popolare del sindaco e indebolito la propria credibilità politica.
E questo è il risultato. Un autolesionismo frutto con tutta probabilità della grande incertezza politica che regna, di riflesso, nelle sezioni messinesi dei partiti nazionali. Ma questa è solo in parte la spiegazione di quello che non si può non definire un disastro politico.
Accorinti ha iniziato questa avventura politica con quattro consiglieri su 40, un numero risicatissimo che ha di certo condizionato l’attività amministrativa. Da oggi continuerà a guidare la città con un consenso popolare risvegliato dall’ipotesi decadenza e alleggerito da una sfiducia ormai alle spalle. Il risultato contrario avrebbe comunque spinto Accorinti verso una probabile ricandidatura da temere per gli altri schieramenti. Il rischio di farne un martire ha certamente avuto un peso determinante sul risultato finale.
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