Primo Maggio, festa dei lavoratori o festa del ricordo del lavoro?

Il Primo Maggio è la giornata dei lavoratori, ma la domanda che viene spontanea nella nostra mente è: che senso ha una festa per pochi quando la realtà del nostro paese snocciola numeri di disoccupati e precari nettamente in aumento?

festa del lavoro schermata_2013-04-30_alle_11.13.34Ecco come Wikipedia definisce la festa dei lavoratori: “La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori viene celebrata il Primo Maggio di ogni anno in molti Paesi del mondo per ricordare l’impegno del movimento sindacale e i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale”.

In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889 e ratificata in Italia due anni dopo. La rivista La Rivendicazione, pubblicata a Forlì, cominciava così l’articolo “Pel Primo Maggio”, uscito il 26 aprile 1890: “Il Primo Maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento”.

Ho sempre ritenuto che la Costituzione Italiana vada letta ed applicata, ma  l’art. 1 (“L’Italia  è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”) ha ancora senso quando i rapporti degli ultimi anni hanno decretato il nostro paese in fondo alla classifica dei paesi Europei che sono in controtendenza con i tassi di disoccupazione? Se prendiamo le statistiche degli ultimi sette anni, notiamo che i posti di lavoro persi sono stati centinaia di migliaia e c’è stato un aumento delle persone iscritte ai centri dell’impiego.

Siccome le statistiche sono alla base di molte discussioni controverse, non può portare nessun dubbio vedere che nel lasso di questi anni abbiamo avuto sempre trend negativi al contrario di altre nazioni Europee (ad esempio Polonia, Germania e Malta), dove al contrario c’è stata una crescita di occupazione e una conseguente diminuzione di disoccupazione.

Non è piacevole rimarcare che le maggiori vittime della precarietà del lavoro in Italia sono i giovani. Citando Openpolis:

“Nel merito di chi patisce maggiormente il colpo ci sono i giovani. A livello europeo, la disoccupazione giovanile è aumentata mediamente del 50 per cento. Era al 15,6% nel 2007 ed è arrivata al 23,5 nel 2013 quando due Paesi tentavano di andare avanti con oltre la metà dei 15-24enni in cerca di occupazione senza alcun lavoro: la Grecia (tasso al 58%) e la Spagna (tasso al 55%). Sempre in Europa sono da segnalare i picchi massimi di incremento nel tempo con Cipro  a +281% e Spagna a +206 per cento. L’Italia non se la passa certamente meglio, con un aumento del 96% della disoccupazione giovanile (dal 20,4 del 2007 al 40% del 2013). Con il dato in aumento in quasi tutti gli Stati membri, Malta e Germania segnano una contrazione dei giovani disoccupati, rispettivamente del 3,7% e del 34,45 per  cento”

Sono pillole di riflessione, ma sono anche macigni che nonostante le varie Leggi succedutesi, come la Riforma Fornero e il Jobs Act (tanto per citare le ultime), ci pesano sulla nostra coscienza, lasciando l’amaro in bocca e un’incertezza del prossimo futuro e non di non poco conto. Mai più appropriata fu la frase del poeta Alessandro Manzoni nella sua Ode del Cinque Maggio: “Ai posteri l’ardua sentenza”.(Raffaele Petrarulo)

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