Non si placano le polemiche a Brolo sul corpo dei vigili urbani, dopo che alcuni utenti tramite facebook hanno accusato questi di essere un po’ troppo “fiscali” e preoccupati solo a fare multe. Con una nota pubblicata sul sito istituzionale del comune, ci pensa il Comandante Passarelli a smorzare i toni, ricordando tuttavia che diffondere accuse attraverso Facebook equivale a commettere il reato di diffamazione aggravata sanzionabile dal codice penale:
Il comando dei Vigili Urbani, senza polemizzare, getta acqua sul fuoco su post e discussioni di questi giorni. Il personale in servizio e l’ufficio sono sempre disponibili a spiegare, confrontarsi, analizzare i fatti, ma non sono tollerabili alcune aggressioni verbali, diffamatorie o intimidatorie. A parlare questa volta è Damiano Passarelli, il Comandante della Polizia Municipale brolese, al centro nella settimana passata di una serie di post che recriminano sul loro agire. Post scritti, dice Passarelli, da persone sanzionate e multate perchè avevano infranto il codice della strada. Una puntualizzazione dice il comandante necessaria, senza far polemiche….. tutti possiamo sbagliare. Ma, dice sempre Passarelli, l’operatore in divisa villipeso è un pubblico ufficiale, sta facendo il suo dovere, ha una sua dignità, spesso agisce in condizioni limite per assicurare la sicurezza degli altri, pregiudicando la sua, e usare certi toni è da codice penale. Non vogliamo giungere a questo. Siamo in un piccolo centro e ci conosciamo tutti.
Quindi, a maggior conoscenza di chi viene multato – l’avvertimento tramite “trillo” è una cortesia, il foglietto sul parabrezza – non è un atto dovuto secondo il codice della strada – la fotografia del veicolo sanzionato è a tutela dell’accertatore. Se qualcuno si sente leso in un suo diritto può tranquillamente chiedere chiarimenti in merito alla contestazione ricevuta, per questo siamo sempre disponibili, o fare ricorso nei termini di legge. Insultare su Facebook può costare molto caro. E pure uno sfogo pubblicato sul social network, magari lanciato in un momento di rabbia, può ritorcersi contro l’utente infuriato. Perché diffondere accuse attraverso Facebook equivale a commettere il reato di diffamazione aggravata. Delitto che prevede addirittura un anno di carcere.
Se tramite Facebook ci si limitasse a denunciare errori e illeciti delle autorità – dichiara ancora il comandante della polizia municipale, Damiano Passarelli, non ci sarebbe stato assolutamente nulla da ridire, dato che il diritto di critica resta sacrosanto. In questo, come in altri casi invece, Facebook è divenuto il ritrovo online favorito dagli scontenti per sparare ad alzo zero sulla polizia municipale scaricandoci sopra una miriade di improperi, alcuni dei quali sono stati rimossi, ma troppo tardi per evitare una possibile denuncia quando è stato oltrepassato il diritto di critica.