Succede una mattina. Una tra le tante mattine primaverili .Non hai voglia di stare in paese, di andare in città né di scendere al mare. Non puoi fare altro che guardarti alle spalle. Letteralmente guardarti alle spalle, o almeno è così per chi, come me, ha il mare sotto il naso. Tra le varie alternative che la nostra amata terra ci concede, ne abbiamo una che forse alle volte dimentichiamo, ma che in molti, davvero, ci invidiano.
Sto parlando del Parco dei Nebrodi.
A tutti noi, abitanti del Messinese, sarà capitato almeno una volta di varcare i confini recitati che delimitano questa meravigliosa terra protetta, eppure non ci rendiamo conto di come in realtà non la conosciamo affatto. I libri di scuola, i racconti di altra gente, le immagini di internet non possono di certo essere paragonate all’esplosione percettiva che invade la mente ed i sensi.
Ma andiamo con ordine. Il Parco dei Nebrodi si istituisce il 4 agosto del 1993 ed ha un’estensione di 86.000 ha.
I comuni ricadenti nell’area del parco sono 23: 18 in provincia di Messina (Acquedolci, Alcara Li Fusi, Capizzi, Caronia,Cesarò, Floresta, Galati Mamertino, Longi, Militello Rosmarino, Mistretta, Sant’Agata di Militello, Santa Domenica Vittoria, San Fratello, San Marco d’Alunzio, Santo Stefano di Camastra, San Teodoro, Tortorici, Ucria), 3 in provincia di Catania (Bronte, Maniace, Randazzo), 2 in provincia di Enna (Cerami, Troina).
Sono davvero in pochi coloro che possono affermare di aver visitato il parco nella sua interezza, la maggior parte può vantare il ricordo di luoghi specifici e parziali. Dunque iniziamo.
Tutto quello che serve è una macchina, delle scarpe comode, una macchina fotografica ed una bella compagnia. Meta Il Monte Soro.
La vetta del Monte Soro è la più alta dei Nebrodi (1847 metri) e si trova nel comune di Cesarò (Me), è possibile sia un’escursione pedonale che in macchina, sebbene, non abbia molto apprezzato l’esistenza, seppur precaria, delle strade asfaltate. Ci troviamo nella frazione di Portella Femmnina Morta, 1530 mt slm nel comune di Cesarò (s.s 289 San Fratello-Cesarò). Attraversando per circa 2km una vasta area pianeggiante, raggiungiamo Portella Calacudera dove un cartello ci avvisa: Siamo in area protetta.
Qui la strada si biforca. A destra sempre quella maledetta strada asfaltata raggiunge il Monte Soro, l’altra invece prosegue per Lago Maulazzo.
Scelgo il Monte Soro. Ci imbattiamo in un bosco di faggi particolarmente suggestivo. Incredibile l’esplosione di odori e colori mai percepiti fino a quel momento. Il verde intenso della natura, diventava a tratti più chiaro quando le foglie erano attraversate dai raggi del sole, ed il contrasto con il blu acceso del cielo a tratti bluastro per il colore delle nuvole, rendeva il tutto particolarmente accattivante. Tra gli alberi, suini allo stato brado dei Nebrodi. Il bosco di faggi è a tratti interrotto da altri esemplari. Mi aveva colpito un gruppo di piccoli alberi a foglia larga quasi della stessa forma di un albero di fico. Mi hanno detto essere esemplari di Acero Campestre, conosciuto anche come Loppo. Gli sono riconosciute proprietà anticoagulanti, di prevenzione delle calcolosi e di cure su alcune forme di herpes. Addirittura antiche credenze popolari gli conferivano proprietà magiche contro le streghe, i pipistrelli e le avversità del fato.
Di tutt’altre dimensione si impone invece in Frassino maggiore. Di questo imponente albero si ricava di tutto. Dalle foglie si può ricavare del thè; dare vita ad alcuni alcolici; usarle come emolliente. Ma soprattutto, dalle lesioni della corteccia che si risana rapidamente a contatto con l’aria, si ricava la manna, utilizzata come colluttorio, dolcificante, come sciroppo espettorale, lassativo e chi più ne ha più ne metta.
Meraviglia delle meraviglie non poteva mancare il biancospino con le sue sfumature bianco rosate e le sue spine, l’agrifoglio, maestoso nel suo verde compatto e con piccoli fiori bianchi, il pungitopo, la Daphne.
Siamo vicini alla meta. Quando ormai mi sembra di aver praticamente visto tutto, ecco che la natura mi sorprende ancora. Il monumentale Acero montano si presenta davanti i nostri occhi. Il cartello ci avvisa “Acerone. Esemplare monumentale alto 22 metri a dalla circonferenza di 6, uno tra i più alti esemplari d’Italia”. Ricoperto da verde muschio stava lì, da chissà quanto tempo immerso nella meraviglia della natura.
Proseguiamo fino in cima al Monte Soro. Un’ultima lieve salita sgombra di alberi ci va guardare l’orizzonte e..Cosa vedo? No, Impossibile.. Antenne e trasmettitori fanno capolino all’interno di un panorama mozzafiato. Che l’uomo fosse un barbaro animale privo di ogni segno di sensibilità alla bellezza era risaputo, ma di certo non ne pretendevo ulteriore prova.
Nonostante tutto, il panorama che mi si presenta davanti è spettacolare. A nord la costa tirrenica e le Isole Eolie, ad est la Serra del Re ed i Peloritani, a Sud l’Etna i monti Erei ed a ovest le Madonie.
La mia esperta accompagnatrice mi ha raccontato anche una bella leggenda sul Monte Soro. Si chiamerebbe così per nascondere, al suo interno, un maestoso tesoro..
Con il volto accaldato, i capelli scompigliati e l’ansia di dover, in qualche modo tornare da dove ero venuta, mi osservai intorno. Ecco palesarsi immediatamente l’unicità della Sicilia.
Stare a 1800 metri e guardare il mare. Roba da Siciliani.